Fu la Signora Emenia Tini insieme al marito Giuseppe Pasqui, nelle seconda metà del 1800 a scegliere personalmente l’architetto che seguì il progetto di costruzione di Villa Pasqui situata in Umbria, nella collina del Belvedere, che si affaccia interamente nella Valtiberina (Valle del Fiume Tevere), a Città di Castello, nota cittadina rinascimentale conosciuta anticamente come Castrum Felicitatis diventata poi Castrum Tiberinum.
Il progettista sviluppò l’immobile rispecchiando fedelmente i canoni estetici dello stile Liberty fiorentino, riconoscibile oltre che dai fregi della facciata e dei particolari esterni, anche dalla perfetta simmetria degli elementi architettonici interni. Furono impiegati più di 20 anni per la realizzazione del progetto e impiegati materiali di pregio (marmi, travertini provenienti dalle cave di Rapolano e mattoni firmati dalle prime fornaci che si svilupparono nel luogo). Così il 1914, segna la data dell’insediamento della famiglia Pasqui alla villa che nacque come Residenza estiva; visto che in inverno la famiglia risiedeva a Firenze nei primi anni del ‘900 e poi a Roma da dopo la seconda guerra mondiale.
La dimora ha attraversato i due conflitti mondiali, di cui porta dei segni evidenti di schegge di granate, nella facciata retrostante, che parzialmente distrussero anche uno dei due pozzi situati nel piazzale davanti all’ingresso; inoltre attraverso una vetrata della villa, le schegge entrarono anche all’interno lasciando dei segni nella grande scalinata di marmo. Tuttora questi segni sono visibili a testimonianza del grande conflitto mondiale insieme anche a bossoli ed elmetti lasciati dai soldati nel momento in cui la villa diventò “comando militare tedesco”. La famiglia Pasqui allora era sfollata nella vicina Fraccano e la villa divenne roccaforte avversaria, ma i tedeschi affascinati da questo luogo, dimostrarono per esso massimo rispetto non saccheggiandolo, né depredandolo in nessun modo.